Il segnalibro

Quando guido mi capita di mettere le mani come le mettevi tu, con gli indici in alto. Allora sorrido nel ritrovarti in un gesto e penso che è lì che si finisce. In qualche gesto distratto in cui ci si rivede. Se me ne fossi andata prima io, chissà dove mi avresti ritrovata. Forse nella Repubblica di Platone. Ricordo quando, sedute in cucina, io te lo leggevo e tu pulivi i fagiolini. Lo trovavi tremendamente attuale e alla fine te lo sei tenuto tu. Ogni volta che venivo da te, di nascosto andavo in camera tua e controllavo il segnalibro. Ero certa che non lo avresti letto, troppo difficile, avevi la quinta elementare e nessun altro titolo di studio. E invece ogni volta lo trovavo spostato di qualche pagina. Sai che è ancora qui, il segnalibro? Si è fermato con te. E quando mi manchi di più lo apro lì, proprio lì dove eri rimasta, e penso che quelle righe sono le ultime che hai letto. Non vado avanti. Mi fermo anche io. È sempre lì che ci incontriamo, io e te, sull’ultima riga di una pagina. Oggi mi fermo un po’ di più, posso?

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